Ripensare il rapporto tra scienza e politica

Tale ambizione punta a una visione a medio e lungo termine che ci faccia guardare alla scienza in modo consapevole, come un ampio processo di sviluppo culturale e democratico perché viaggia naturalmente ad una velocità impressionante e, spesso per la politica, non si riesce a rispondere in maniera celere ed efficace ai cambiamenti in corso.

di Fabio De Furia, Presidente della Miami Scientific Italian Community

La relazione tra politica e scienza rappresenta, a mio parere, sia un obiettivo da perseguire (nel rispetto dei rispettivi ruoli), sia una condizione da esaminare e comprendere. Una condizione, va detto, raramente soddisfatta in quanto dipendente da una serie di problemi che richiedono la riorganizzazione di scale di valori personali che si estendono anche a quelli della società in cui viviamo.

Ai tempi del Coronavirus le societá contemporanee si sono riscoperte vulnerabili nella capacitá di reazione rispetto ad un problema di facile intuizione ma difficile nella sua applicazione.

Emerge una domanda di una strategia, ovvero di una visione e di una missione, in grado di trasformare la richiesta di dialogo in un percorso condiviso capace di soddisfare gli interessi apparentemente non sempre coincidenti, e, soprattutto di realizzarsi in contesti diversi, dagli Stati Uniti all’Europa (e tra i paesi che la compongono) e dall’Asia all’Africa.

Non ho dubbi, la Scienza è l’unica alternativa che abbiamo per fronteggiare momenti di questo tipo e ad essa bisogna affidarsi.

Le prove scientifiche e i metodi che le realizzano, devono essere credibili e convincenti e devono fornire soluzioni pratiche ai problemi di politica correnti ma anche essere presentate in modo da attrarre l’interesse dei politici. Tutte condizioni che nella pratica sono raramente soddisfatte e devono trovare applicazioni sia negli indirizzi (che rendono leggibili i disegni), sia nelle leggi che li rendono applicabili.

Infatti le leggi, che hanno una capacità di influenzare e organizzare numerosi contesti sociali ed economici e di sviluppo, devono avvalersi del necessario supporto delle prime e devono essere aperte alla sperimentazione e al cambiamento, ovvero all’evoluzione della scienza.

Questo per evitare che il dialogo tra scienza e politica non resti un dialogo tra sordi o, peggio, strumentale: resto convinto che il problema si pone con urgenza per il futuro di molti Paesi compreso il nostro.

Da dove partiamo per rafforzare il rapporto e riequilibrare i pesi, nell’autonomia e autorevolezza dei ruoli?? Direi ri-collocandolo e ri-pensandolo ricorrendo a una sola “parola chiave” che si trova facilmente in ogni Costituzione di qualsiasi paese nel mondo, ma che, a sua volta, richiede di essere meglio declinata e considerata: la Cultura.

Se noi vogliamo cambiare dobbiamo cominciare a pensare che tra ricerca e cultura c’è un rapporto forte.

Un ruolo importante, nel mio di caso, è il ruolo delle Universitá, le quali rimangono la sede naturale della ricerca perché in grado di coniugare il momento della qualificazione del capitale umano, quello dell’avanzamento delle conoscenze e quello dello sviluppo dell’innovazione attraverso le relazioni con la società e l’economia.

Il ripensamento del sapere necessario per impartire la formazione avanzata e il flusso di energie e di idee rappresentato dalle generazioni di studenti sono la base indispensabile per far progredire la ricerca nei settori più avanzati.

Nel nostro Paese, attualmente, il trasferimento delle conoscenze dall’università verso la società civile avviene attraverso diversi canali; il primo, senza dubbio il più tradizionale ed il meno aleatorio, è il trasferimento attraverso la formazione del personale.
I docenti/ricercatori trasferiscono ai loro allievi conoscenze e metodi che poi questi portano con sé nella società civile, dove queste conoscenze possono essere messe a frutto.; il secondo canale, sempre più importante nelle società avanzate, è l’applicazione di idee innovative messe a punto “per” e “attraverso” la ricerca. Il trasferimento avviene spesso con la creazione di piccole imprese di spin off dalla ricerca.

Infine, in settori come la medicina o la genetica, lo stesso sapere scientifico conquistato attraverso la ricerca può trovare applicazioni nel breve-medio termine: si tratta di innovazione ottenuta “a partire dalla” ricerca. Anche in questi casi, il trasferimento avviene attraverso imprese di spin off o con l’acquisizione e la cessione di brevetti.

Nel caso dell’Italia per esempio, la politica, promuovendo lo sviluppo della cultura e la ricerca , può mobilitare risorse che attirano interessi e promuovono motivazioni tali da tradursi, in alcuni casi in tempi brevi, in altri meno, in successo economico. Se, a parole, molti concordano sul disegno (è difficile non convenire sul fatto che cultura e ricerca sono strutturalmente unite…), le difficoltà nascono quando bisogna associare le scelte alle risorse a disposizione e quando il percorso va progettato nel medio e lungo periodo, come l’emergenza di queste settimane ha drammaticamente messo in mostra.

È fondamentale quindi che ci sia un tessuto di ricerca diffuso e continuo su cui poi innestare l’intercettazione dei grandi picchi della ricerca, da finalizzare e assecondare. Ad oggi mancano entrambi (tessuto diffuso e attenzione ai picchi) ma questo non può essere risolto con provvedimenti una tantum, quanto, piuttosto, aumentando in modo strutturale i fondi. In una sola battuta riconoscere il lavoro scientifico e valorizzarlo come patrimonio tangibile.

Il capitale intangibile (quasi con un gioco di parole), nelle sue diverse forme è oggi la risorsa più selettiva nella competizione internazionale. Da qui una evidenza circa le relazioni tra ricerca e PIL ovvero come la ricerca sia una risorsa economica e non solo intellettuale.

Sono sempre stato convinto e non solo in questa situazione che la ricerca ha una funzione civile fondamentale e dovremmo tutti ragionare in questi termini; la ricerca serve a cambiare un paese, a cambiarlo nella sua identità a cambiarlo nella coesione sociale a creare un consenso diffuso che censuri qualsiasi pratica del passato.

A questi ragazzi, ai nostri ragazzi che oggi sono in prima linea contro un nemico conosciuto grazie al loro lavoro, bisogna fortemente dire che il loro lavoro serve anche per creare un paese più consapevole e più civile.

La ricerca ci serve per essere più civili, più moderni, più capaci di dire ai nostri ragazzi rimanete in Italia, il tuo paese ha bisogno di te!

 

 

Rethinking the relationship between science and politics ENG Version

 

 

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